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Il Gigante Digitale Cinese Predilige l’Autarchia Informatica

L’avanzata cinese nel settore dei supercomputer rivela l’aspirazione a un’autosufficienza tecnologica.

Il Central Intelligent Computing Center, un colosso della computazione di China Telecom, segna l’origine di un’era in cui la Cina apprende a fare affidamento soltanto sulle sue risorse intellettuali e materiali per ottenere eccellenze nel campo dell’intelligenza artificiale (IA). Celebrato come il primo supercomputer “100% Made in China”, la sua introduzione sottolinea il cammino verso il progresso tecnologico autonomo di Pechino.

Rivelato al China Optics Valley Convention and Exhibition Center di Whuan, il Central Intelligent Computing Center rappresenta un nuovo paradigma nella computazione ad alte prestazioni, preannunciando un futuro in cui enormi volumi di dati vengono processati per educare modelli linguistici sofisticati.

Questo leviatano digitale mira a contraddistinguersi attraverso servizi di alta ingegneristica, indispensabili per la ricerca avanzata e lo sviluppo di modelli IA sofisticati destinati all’uso in svariati settori.

Con una capacità computazionale che supera i confini dell’immaginazione, stimata in 5 exaflop, questo sistema mette in luce le capacità ingegneristiche cinesi, riunendo componentistica avanzata e soluzioni di raffreddamento a liquido che promettono prestazioni eccezionali. Tuttavia, resta un velo di mistero sul se la potenza dichiarata appartienga al singolo sistema o all’infrastruttura di China Telecom nel suo complesso.

Si evince che al cuore di quest’obelisco dell’informatica ci sono CPU e GPU rigorosamente cinesi, tra le quali spiccano i processori server KaiSheng KH-40000 di Zhaoxin, i 3D5000 a 32 core di Loongson e i Feiteng Tengyun S2500 a 64 core di Phytium. Il reparto grafico potrebbe vantare contributi di Moore Threads, Loongson e Biren, con Moores Threads recentemente progettista di una GPU che si preannuncia essere una pietra miliare nel settore.

L’ambizione di Pechino si estende oltre l’affermazione tecnologica, puntando a un’autosufficienza che le permetterebbe di sfuggire a possibili sanzioni estere e alle dipendenze tecnologiche. Tuttavia, questa autarchia digitale potrebbe essere una spada a doppio taglio, esponendo il sistema a potenziali vulnerabilità spesso associate all’innovazione dirompente.

La crescita infrastrutturale nell’area di Wuhan offre una dimostrazione tangibile di come un ecosistema tecnologico locale possa fardi da acceleratore per la digitalizzazione e l’innovazione in settori cruciali dell’economia.

Ricalcando le aspirazioni di Pechino, il Rapporto sul lavoro del governo, diffuso in occasione delle “Due Sessioni”, l’apice dell’agenda politica cinese, promuove l’edificazione di 10 “Gigabit City”. Tali metropoli digitali saranno concentrate nel potenziare la capacità di calcolo ad ogni livello, sfruttando la potenza delle alte prestazioni per sostenere il progresso tecnologico.