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Modifiche Plastico-Estetiche Vs Riconoscimento Facciale: un match equilibrato?

I recenti sviluppi nella tecnologia di riconoscimento facciale e l’incremento di interventi di chirurgia estetica creano un interessante terreno di confronto. Contrariamente alle aspettative, è un match equilibrato.

La tecnologia del riconoscimento facciale sta diventando sempre più avanzata e diffusa, ma c’è un particolare aspetto in cui sembra arenarsi: i volti sottoposti a chirurgia plastica. Questo articolo si focalizzerà sulla complessa relazione tra il riconoscimento facciale e gli effetti della chirurgia plastica.

Nel rinomato quartiere di Gangnam, a Seoul, si concentrano circa 447 cliniche di chirurgia plastica, facendone la cosiddetta capitale mondiale della chirurgia estetica. Il 25% delle donne coreane dai 19 ai 29 anni e il 31% di quelle dai 30 ai 39 anni hanno subito almeno un intervento di chirurgia plastica. Ciò significa che un quarto a un terzo della popolazione femminile adulta ha modificato la propria “firma biometrica” attraverso la chirurgia.

La diffusione sempre più intensa del riconoscimento facciale è destinata ad imbattersi in nuovi trend sociali e tecnologici, tra i quali, non ultimo, il crescente desiderio di modificare l’aspetto fisico per fini estetici. La Corea del Sud, attenta a queste tendenze, ha recentemente allentato le sue normative sull’immigrazione per facilitare il cosiddetto “turismo estetico”.

Un rapporto del CVPR2020 intitolato “Chirurgia plastica: un ostacolo al riconoscimento del volto” afferma che sui dieci milioni di interventi di chirurgia plastica registrati ogni anno, il 40% riguarda il volto o la testa. Le operazioni più comuni, come la rinoplastica o il lifting del viso, hanno tutte un impatto geometrico sul volto, modificando così la firma biometrica del volto. Un problema significativo per i controlli di sicurezza.

Queste modifiche permanenti della geometria facciale possono comportare notevoli complicazioni per la verifica dell’identità e altri utilizzi della biometria facciale.

Un articolo del 2020 di Bouguila e Khochtali, pubblicato sul Journal of Stomatology, Oral and Maxillofacial Surgery, evidenzia come sia le operazioni correttive che quelle estetiche possano creare una sfida notevole per gli algoritmi di riconoscimento facciale. Inoltre, la chirurgia plastica potrebbe essere usata in modo improprio da individui con l’intento di commettere reati.

Rispondere a queste sfide è un compito impegnativo, ma i ricercatori stanno già esplorando possibili soluzioni. Un recente studio, intitolato “Riconoscimento della chirurgia plastica facciale basato su reti neurali e modello Meta-Learning”, propone l’utilizzo di reti neurali artificiali per affrontare il problema. Il modello di apprendimento ANN-MAML ha raggiunto un’accuratezza del 90% nel riconoscimento facciale utilizzando immagini prima e dopo la rinoplastica, 91% per la blefaroplastica, 94% per gli interventi di lifting della fronte e 92% per il lifting del viso.

Per quanto riguarda le iniezioni di fillers come il Botox, queste non sembrano creare grandi problemi alla tecnologia del riconoscimento facciale, in quanto non modificano i punti fissi del viso utilizzati dagli algoritmi FRT. Tuttavia, queste procedure possono comunque generare confusione, ad esempio nel confronto con le foto presenti sui passaporti.

In conclusione, benché la chirurgia plastica possa di fatto influenzare l’efficacia dei sistemi di riconoscimento facciale, i progressi tecnologici stanno però lavorando su una soluzione. L’impiego di reti neurali e algoritmi avanzati sta infatti attuando sensibili miglioramenti nella capacità di riconoscere un volto nonostante le modifiche estetiche, rappresentando un importante passo avanti verso il superamento di questa problematica.