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Le Big Tech affermano che la legge sulla spionaggio trasforma i suoi lavoratori in informatori.

Un’influente lobby della Silicon Valley si unisce ai riformatori della privacy per combattere l’espansione di un importante programma di sorveglianza statunitense, sostenuto dall’amministrazione Biden.

Oggi più che mai, la relazione apparentemente inseparabile tra tecnologia e privacy si trova nel bel mezzo di un’accesa battaglia. La lobby dell’Information Technology Industry (ITI), una delle più influenti della Silicon Valley, si è unita ai riformatori della privacy in una lotta contro l’espansione del programma di sorveglianza Section 702, sostenuta dall’amministrazione Biden.

La legge Section 702, introdotta per la prima volta nel 2008 con il FISA Amendments Act, permette l’intercettazione in certi casi del traffico internet e delle telefonate che coinvolgono individui stranieri. Se da un lato questa normativa viene vista come uno strumento fondamentale per la sicurezza nazionale, dall’altro, i critici sottolineano come possa essere sfruttata per violare i diritti alla privacy degli individui.

I giganti della tecnologia hanno espresso preoccupazione riguardo a proposte che vorrebbero espandere il campo di applicazione della legge, sostenendo che trasformerebbe i loro lavoratori in informatori. Avere personale aziendale obbligato a collaborare con le agenzie governative rischia di alimentare la sfiducia tra i consumatori e di creare un problematico precedente in termini di privacy.

A fronte di queste inquietudini, l’ITI ha presentato una lettera aperta rivolta al Congresso degli Stati Uniti. In essa, l’associazione solleva la questione del possibile impatto negativo della piega che sta prendendo il dibattito sulla privacy e sulla sicurezza dei dati. L’ITI sottolinea che la proposta di espansione del programma di sorveglianza, oltre a trasformare i dipendenti delle società tecnologiche in informatori, rischia di alterare l’equilibrio tra il diritto alla privacy e i legittimi interessi della sicurezza nazionale.

L’ITI non è l’unica voce che si è levata contro le proposte di espansione. Varie organizzazioni per la tutela dei diritti civili, insieme a gruppi per la tutela della privacy, hanno espresso il loro dissenso. Insieme sostengono che le modifiche proposte potrebbero aprire la porta a ulteriori abusi e violazioni della privacy.

La tensione tra sicurezza informatica e rispetto della privacy è sempre più al centro del dibattito pubblico, in particolare con l’aumento delle attività legate al telelavoro e alla digitalizzazione. La sfida riguarda non solo le scelte che devono essere prese a livello governativo, ma anche le misure che le aziende stesse possano adottare per proteggere i diritti dei loro utenti, garantendo nel contempo la sicurezza delle loro attività.