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La Cina punta sulla controversa tecnologia Brain-Computer per migliorare l’intelligenza umana

La Cina è all’avanguardia nello sviluppo di interfacce cervello-computer, con obiettivi diversi dagli Stati Uniti, orientandosi verso l’incremento delle capacità cognitive.

La corsa alla progettazione e alla creazione di interfacce cervello-computer sta riscaldando la competizione tra le superpotenze mondiali. Mentre gli Stati Uniti stanno esplorando queste tecnologie principalmente per uso medico, la Cina sta spingendo i limiti della scienza con un obiettivo diverso: l’incremento delle capacità cognitive.

Questa audace visione per l’interfaccia cervello-computer, o BCI, potrebbe rivoluzionare il campo dell’apprendimento e della formazione, ma solleva anche domande etiche e preoccupazioni sulla privacy. L’idea di utilizzare la tecnologia per migliorare l’intelligenza umana e per ottimizzare le performance del cervello sembra incredibile, ma si scontra con le sfide etiche inerenti all’uso improprio della tecnologia e alla potenziale invasione della privacy cerebrale.

Sviluppatori cinesi di BCI, come Neucyber e Neurotech, stanno lavorando sodo per migliorare e perfezionare queste tecnologie. L’obiettivo della Cina nell’applicazione di questa tecnologia non è solo quello di curare malattie degenerative quali il Parkinson o l’Alzheimer, ma consiste nel cercare di far progredire i limiti dell’intelligenza umana, nell’ottica del miglioramento continuo delle capacità cognitive.

Nonostante l’evidente vantaggio che il miglioramento cognitivo fornirebbe ad una società, i critici mettono in guardia sulle implicazioni sociali che potrebbero derivare dalla creazione di una società in cui solo alcuni individui hanno accesso a questa tecnologia migliorante. Inoltre, c’è la paura, non infondata, che un governo possa utilizzare queste tecnologie per controllare o manipolare il pensiero dei suoi cittadini.

Si potrebbe infatti argomentare, che le BCI potrebbero rappresentare la più grande minaccia individuale alla privacy. Potrebbero diventare attraverso i suoi dati biologici, una forma di controllo sociale e di sorveglianza invasiva. Le questioni relative alla sicurezza dei dati e alla privacy devono essere affrontate in anticipo, prima che queste tecnologie diventino facilmente accessibili e diffuse.

Nonostante queste preoccupazioni, l’interesse nel campo delle interfacce cervello-computer continua a crescere. La promessa di una elevata produttività, di migliore apprendimento e di abilità cognitive avanzate, continua, infatti, ad attirare investitori e ricercatori. Resta solo da vedere se le implicazioni etiche e sociali saranno prese in considerazione nella stessa misura in cui si innova.