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Abusi nel Metaverso: indagini su crimini virtuali

Gli abusi virtuali hanno reale impatto psicologico: il Metaverso sconvolge le linee tra digitale e realtà.

Il recente episodio di un’aggressione sessuale virtuale, perpetrato all’interno del Metaverso su un’adolescente britannica, ha messo in luce una questione allarmante e nuova: la violenza digitale può arrecare danni psicologici paragonabili a quelli del mondo reale, e la giustizia è chiamata a riconoscere e intervenire anche in queste nuove dimensioni virtuali.

L’adolescente vittima di abusi nel Metaverso si è ritrovata esposta ad atti di natura sessuale da parte di più soggetti in una stanza affollata di utenti. La polizia britannica ha così avviato la prima indagine in materia di crimine sessuale virtuale. Mentre i dettagli del caso vengono tutelati in segretezza per salvaguardare la giovane, questo incidente si aggiunge a un precedente reso pubblico nel 2022, quando Nina Jane Patel, una donna di 43 anni, ha denunciato di essere stata assalita virtualmente nell’ambito del Metaverso gestito da Facebook.

Il Metaverso è stato concepito per offrire un’esperienza di realtà alternativa estremamente realistica, al punto che la distinzione fra digitale e fisico sfuma. Quest’ambiente fa leva sulla percezione sensoriale degli utenti tanto da rendere i crimini virtuali psicologicamente devastanti. La problematica sollevata interpella così non solo le autorità giudiziarie, ma anche i creatori di questi spazi virtuali, suggerendo l’impellente necessità di creare un framework normativo e di sicurezza adeguato al fine di proteggere gli individui.

Oggigiorno, la giustizia deve dunque confrontarsi non solo con la privacy e la protezione dei dati personali nel contesto digitale, ma anche con la salvaguardia dell’integrità psicologica degli utenti in universi virtuali che superano la pura esplorazione ludica per toccare sfere della personalità e dell’identità che implicano ben più ampie ricadute morale e sociali.