Il veto della Russia inficia l’accordo del 1967 sulla proibizione delle armi di distruzione di massa in orbita.
Nel tentativo di mantenere i confini esterni del nostro mondo liberi da potenziali conflitti e armi di distruzione di massa, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha tentato di fare un passo decisivo proponendo una risoluzione per bandire formalmente le armi nucleari nello spazio.
Da quando l’ONU ha stabilito un accordo nel 1967, è stato sottointeso che l’uso di armi di distruzione di massa in orbita fosse proibito. Tuttavia, la Russia ha deciso di opporre un veto a questa risoluzione, restando ferma nelle sue convinzioni contrastanti.
Per comprendere meglio i contorni di questa problematica, è importante ricordare che il disaccordo si fonda sulla definizione stessa di “arma spaziale”. Alcuni stati membri dell’ONU, tra cui la Russia, sostengono che qualsiasi oggetto in grado di causare danni fisici o distruggere satelliti sia considerato un’arma spaziale. Altri Stati, invece, hanno una definizione più specifica, considerando come “armi spaziali” soltanto quei dispositivi progettati esplicitamente per tale scopo.
Nonostante le ragioni di tale disaccordo tra le nazioni, è indubbio che la disputa rischi di mettere a repentaglio la sicurezza delle operazioni spaziali e del nostro stesso pianeta. Il fatto che non esista un accordo unanime sulla questione potrebbe portare a controversie internazionali e, in un’epoca di crescente dipendenza dalla tecnologia spaziale, alle infrastrutture di molte nazioni.
È dunque di cruciale importanza che questo veto non oscuri la necessità di regolare il comportamento degli Stati in orbita. Mantenere l’equilibrio del potere nello spazio, infatti, si traduce in una maggiore sicurezza sulla Terra. Con l’aumento dell’esplorazione e dell’utilizzo dello spazio da parte delle nazioni, la potenziale militarizzazione dello spazio esterno non può essere né ignorata né trascurata.