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I risvolti legali del coming out sui social: il parere dell’Avvocato Generale dell’UE in materia di pubblicità profilata

Nel 2018, un attivista della protezione dei dati ha contestato l’uso di Facebook nel creare pubblicità mirata basata sull’orientamento sessuale. Scopriamo la posizione dell’Avvocato Generale dell’UE sulla questione.

Nel 2018, Meta Platforms Ireland, conosciuta come Facebook, ha introdotto nuove condizioni per l’utilizzo del social network da parte degli utenti europei. Come requisito per l’iscrizione o l’accesso, gli utenti devono accettare queste condizioni. Tra questi c’era Maximilian Schrems, un utente di Facebook e attivista per la protezione dei dati, che ha segnalato come la piattaforma invii pubblicità mirate a gruppi specifici, in questo caso, la comunità LGBTQ+. Questo non era basato su dichiarazioni esplicite sull’orientamento sessuale sul suo profilo, ma sulla deduzione del sistema basata sui suoi interessi.

Infastidito dal trattamento dei suoi dati, considerato da lui illegale, Schrems ha deciso di intraprendere un’azione legale presso i tribunali austriaci. Successivamente, in un evento pubblico, ha rivelato la sua omosessualità, un fatto che non ha mai condiviso sul suo profilo di Facebook.

La Corte Suprema Austriaca si è trovata di fronte a domande su come interpretare il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). In particolare, se Facebook ha il diritto di analizzare ed elaborare tutte le informazioni personali disponibili per indirizzare la pubblicità. Un’altra domanda riguardava se la dichiarazione pubblica dell’orientamento sessuale di una persona in un forum pubblico autorizzasse l’elaborazione di altri dati relativi, allo scopo di inviare pubblicità mirate.

Di fronte a tali insidiose questioni giuridiche, l’Avvocato Generale Athanasios Rantos ha proposto alla Corte di stabilire che il GDPR impedisce il trattamento di dati personali per scopi di pubblicità mirata senza un limite temporale. Sostiene che la misura in cui il tempo di conservazione e la quantità di dati elaborati sono giustificabili per raggiungere l’obiettivo legittimo di pubblicità personalizzata dovrebbe essere valutato dal giudice nazionale, in linea con il principio di proporzionalità.

Per quanto riguarda la seconda questione, l’Avvocato Generale ritiene che l’atto stesso di Schrems di dichiarare pubblicamente il suo orientamento sessuale possa essere considerato come aver “renduto manifestamente pubblico” tale dato come previsto dal GDPR. Tuttavia, anche se il divieto di trattamento dei dati personali specialmente protetti non si applica quando l’individuo stesso li rende pubblici, l’avvocato generale sostiene che tale divulgazione, di per sé, non autorizza il trattamento di tali dati per scopi di pubblicità personalizzata.

Questi argumenti avanzati dall’Avvocato Generale non vincolano la Corte di Giustizia, ma servono come proposte per risolvere la causa. Ora spetta ai giudici della Corte deliberare su questa causa.