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DNA e riconoscimento facciale: un connubio controverso

Le forze dell’ordine sperimentano l’uso del DNA per prevedere i tratti facciali e applicare il riconoscimento facciale.

La pratica di utilizzare il DNA raccolto sulla scena di un crimine per generare un modello tridimensionale del volto del possibile sospetto e successivamente tentare di identificarlo tramite tecnologie di riconoscimento facciale solleva questioni etiche e giuridiche di notevole importanza. Documenti trapelati hanno rivelato che una tale tecnica potrebbe essere già stata impiegata dalle forze dell’ordine, aprendo un dibattito sulle implicazioni per la privacy e l’accuratezza di tali metodi investigativi.

Le implicazioni del riconoscimento facciale basato sul DNA sono vaste. Da un lato, potrebbero rivoluzionare le indagini forensi, offrendo agli investigatori un nuovo strumento capace di ricostruire l’identikit di un sospetto partendo dal suo materiale genetico. Dall’altro, il rischio di abusi e di identificazioni errate si fa preponderante, senza considerare il dibattito sulla legittimità e su come tali tecniche possano influenzare il diritto all’anonimato e alla sicurezza personale.

La statunitense Parabon NanoLabs è una delle aziende all’avanguardia nello sviluppo di modelli facciali generati da DNA, una disciplina nota come fenotipizzazione forense, che solleva molti interrogativi sul corretto impiego delle informazioni genetiche e sul consenso da parte degli individui. La fenotipizzazione forense ha permesso di prevedere con una certa accuratezza aspetti come il colore della pelle, degli occhi, dei capelli e la struttura del viso, sebbene attualmente manchi ancora di riconoscimento legale e scientifico consolidato.

La potenzialità che attraverso analisi del DNA si possano predire aspetti visibili di un individuo pone in evidenza l’urgente necessità di regolamenti chiari e limiti definiti. Questa tecnologia, benché ancora agli albori, si prospetta come una doppia lama, capace di stravolgere l’equilibrio tra innovazione tecnologica e diritti civili.

Occorre sottolineare, inoltre, che tali tecniche potrebbero condurre a forme di discriminazione o profilazione razziale, se non rigorosamente controllate. L’affidabilità stessa della fenotipizzazione potrebbe non essere assoluta, e le conseguenze di un errore sarebbero pesanti per ogni individuo ingiustamente sospettato a causa di un’imperfezione metodologica.

In definitiva, questo emergente incrocio tra genetica forense e riconoscimento facciale apre scenari futuristici, che richiedono una discussione pubblica e legislativa attenta, al fine di garantire che tali innovazioni non vadano a scapito della libertà e della sicurezza informatica dei cittadini.