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La scommessa sudcoreana sui semiconduttori

La Corea del Sud investe massicciamente nel settore dei chip: un piano da 471 miliardi di dollari.

Il dominio nel mercato dei semiconduttori è una partita globale che coinvolge giganti economici e tecnologici. La Corea del Sud, riconosciuta come una delle punte di lancia in questo campo critico per l’economia moderna, ha intrapreso un’azione decisa e ambiziosa per cementare ulteriormente la propria posizione di leadership.

Una significativa iniezione finanziaria, valutata in circa 471 miliardi di dollari, è stata programmaticamente allocata da Seoul per un’inedita accelerazione del settore dei semiconduttori, ponendo così le basi per una crescita sostenuta che mira a ridefinire gli equilibri globali della produzione di chip. Il progetto comprende la costruzione di 13 nuove fabbriche e tre centri di ricerca e sviluppo, ingrandendo la già robusta rete produttiva nazionale.

Nell’ambizioso scenario delineato dal governo sudcoreano emerge la prospettiva della “chip valley” più grande al mondo: un comprensorio esteso che prevede una capacità di produzione stimata in 7,7 milioni di wafer al mese entro il 2030. Pyeongtaek e Yongin saranno il cuore pulsante di questa nuova frontiera tecnologica che va ad alimentare quel 16% di quota di mercato globale già in possesso della Corea.

Il governo locale si è mosso in maniera strategica, promuovendo agevolazioni fiscali e incentivi per rafforzare gli investimenti degli attori nazionali, tra cui figurano colossi come Samsung e Hynix. Questa politica si inserisce in un contesto di competizione internazionale feroce, con nazioni come Giappone e Taiwan che stanno investendo considerevolmente nel settore.

Una mossa concreta e lungimirante è incarnata dal cosiddetto K-Chips Act, ossia una legislazione pensata per stimolare ulteriormente gli investimenti nella produzione di semiconduttori. L’atto prevede un incremento considerevole dei crediti d’imposta, che sale fino al 15% per le grandi imprese e al 25% per le piccole e medie imprese, ponendo le basi per un circolo virtuoso di sviluppo e innovazione.

Le conseguenze di questa scelta strategica non riguardano solamente il tessuto industriale e tecnologico, ma si proiettano anche sul piano sociale, con la creazione prevista di decine di migliaia di posti di lavoro qualificati e opportunità nelle industrie connesse. In sostanza, si profila un vero e proprio rafforzamento dell’ecosistema tecnologico nazionale che avrà ripercussioni globali.